Se vuoi iniziare a investire in immobili, in particolare nel settore della locazione, è indispensabile che tu sappia che tasse si pagano sugli affitti.
Siamo nel mondo del fisco, aspetto cruciale da conoscere per valutare la convenienza di un investimento.
Prima di vedere che tasse si pagano sugli affitti facciamo un rapido riassunto delle diverse tipologie.
Questo lo schema sintetico dei contratti d’affitto secondo la durata:
Qui trovi una guida sugli affitti di lungo periodo dettagliata
Qui trovi una guida sugli affitti medi dettagliata
Qui trovi una guida sugli affitti brevi dettagliata
E ora veniamo alle imposizioni fiscali.
Per quanto riguarda le tasse che dovrai pagare sul contratto d’affitto, dipende da quale regime fiscale adotterai: ordinario o cedolare secca.
Tasse sugli affitti con il regime ordinario
Se all’interno del contratto non effettui alcuna scelta per il regime fiscale da adottare, viene utilizzato quello ordinario.
In questo tipo di regime, per quanto riguarda le imposte dirette, il canone d’affitto che percepisci si somma agli altri redditi nella dichiarazione relativa all’Irpef e quindi, sulla rendita, pagherai le tasse nella percentuale prevista dello scaglione in cui rientri (dal 23 al 43%).
Tasse sugli affitti con il canone libero
Con il canone libero sono previste le seguenti riduzioni ai fini Irpef:
- 5% del valore del canone (le imposte vengono quindi calcolate sul 95% dei canoni percepiti);
- 25% per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, Murano e Burano.
- 35%, se l’immobile è riconosciuto di interesse storico o artistico.
Tasse sugli affitti con il canone concordato
Con il canone concordato, sono previsti benefici supplementari:
- ulteriore riduzione delle imposte sul valore dei canoni pari al 30%, oltre il 5% precedente (sul 95% previsto dal canone libero, togli un ulteriore 30%, portando quindi la riduzione totale al 33,5%);
- riduzione del 30% sulle imposte di registro;
- riduzione del 25% sull’IMU.
Per quanto riguarda le imposte indirette, sia per il canone libero che concordato, devi pagare l’imposta di bollo e quella di registro.
Per l’imposta di bollo:
- è dovuta su ogni copia del contratto d’affitto che intendi registrare;
- sei tenuto ad applicare una marca da bollo da 16 € ogni quattro pagine, o cento righe, del contratto;
- le marche da bollo devono essere datate al massimo entro il giorno di stipula del contratto;
- anche sugli allegati del contratto apporrai una marca da bollo da 16 € ogni 4 pagine o 100 righe e se esistono planimetrie è necessario applicare una marca da 16 € per ognuna di esse.
L’imposta di registro è commisurata al canone di locazione pattuito e devi versarla all’atto della registrazione del contratto.
Puoi versare l’imposta di registro per più annualità in un’unica soluzione, con la possibilità di riduzione degli importi dovuti.
Puoi rivalerti sull’inquilino nella misura del 50% di quanto hai pagato, solo nel caso il contratto preveda questa clausola.
L’imposta è dovuta con un minimo di 67 €, da versare al momento della registrazione, e successivamente ogni anno in cui rinnovi il contratto.
Le percentuali stabilite sul canone di locazione:
- il 2% nel caso di fabbricati a uso abitativo; se affitti l’immobile non come persona fisica, ma come società e quindi applicando l’IVA al canone, l’imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 200 €;
- l’1% nel caso di fabbricati strumentali per natura.
Tasse sugli affitti con la cedolare secca
La cedolare secca è un regime di tassazione alternativo al regime ordinario e puoi sceglierlo solo se affitti i tuoi immobili come persona fisica.
L’opzione della tassazione con cedolare secca si applica ai fabbricati per uso abitativo, quindi alle categorie catastali da A1 ad A11, escludendo l’A10 che si riferisce a uffici e studi privati.
Nel caso non esercitassi l’opzione alla prima stipula del contratto, puoi sempre accedere al regime successivamente, entro trenta giorni dalla scadenza di ciascuna annualità.
La cedolare secca prevede un’imposta fissa sul canone annuo di locazione, quindi non andrai a sommare la rendita derivante dall’affitto agli altri tuoi redditi.
Le tasse che paghi con questo regime:
- imposta sostitutiva pari al 21% dell’affitto, per i contratti di locazione a canone libero;
- imposta sostitutiva pari al 10% dell’affitto, per i contratti di locazione a canone concordato, transitorio e studenti, nelle zone dove sono presenti gli accordi territoriali.
- È prevista la cedolare secca anche per i contratti a uso turistico, in forma limitata: la puoi applicare per un massimo di quattro immobili, dal quinto in poi sarai obbligato a seguire il regime ordinario.Per quanto riguarda le imposte indirette, con questo regime non devi pagare né l’imposta di bollo, né l’imposta di registro.Riassumendo e confrontandole, ecco le caratteristiche principali dei due regimi fiscali.
È importante riflettere sull’ultimo punto della tabella riassuntiva, cioè sulla possibilità o meno di adeguare il canone d’affitto in base ai dati Istat.
L’Istituto Nazionale di Statistica è l’ente pubblico che si occupa di effettuare periodicamente il censimento della popolazione e il controllo dell’andamento economico nazionale, monitorando le oscillazioni del costo della vita e le variazioni di prezzo dei beni e dei servizi presenti sul mercato.
L’adeguamento Istat è il meccanismo con cui l’istituto rivaluta il costo della vita su base annua, seguendo le variazioni in percentuale degli indici di riferimento: queste variazioni vengono pubblicate mensilmente sulla Gazzetta Ufficiale.
Se il costo della vita sale, dovrebbe salire di conseguenza anche quello relativo agli affitti.
Adottando il regime ordinario, il canone di locazione va annualmente adeguato al costo della vita, con indici diversificati a seconda che si tratti di un contratto di locazione a uso abitativo o di un contratto di locazione a uso commerciale: 100% nel primo caso, non oltre il 75% nel secondo.
Pertanto, quando redigi il contratto d’affitto, è indispensabile che tu inserisca la clausola che il canone sarà adeguato integralmente sulla base del valore Istat.
Per esempio, nel 2022 l’aumento è stato del’8,3%, per cui con un contratto a regime ordinario avresti ottenuto un’ottima rivalutazione in cambio della rinuncia allo sconto di imposte, relativo alla cedolare secca.
Devi fare quindi una valutazione corretta, magari insieme al tuo professionista di fiducia, per capire quale regime d’imposta ti convenga adottare tra l’ordinario e la cedolare secca.
Dal 2024, dalla seconda abitazione affittata con contratti brevi in poi, il valore della cedolare secca è salito al 26%.
La tua scelta fra tipologie di contratto, canoni e regimi fiscali
Nelle tabelle successive, abbiamo combinato le tipologie di contratto coi possibili canoni e i due regimi di imposizione fiscale: in questo modo, puoi vedere i diversi orizzonti su cui proiettare le soluzioni migliori per il tuo patrimonio.
Se il tuo immobile, invece, fosse intestato a una società, dovrai togliere tutte le possibilità che riguardano il regime a cedolare secca, in quanto contemplato solo per le persone fisiche: avrai però altri benefici di natura fiscale (che sarebbe troppo lungo trattare qui).
Proviamo a fare qualche considerazione rispetto alle tre tipologie di contratto, confrontando il canone libero o concordato e i due regimi fiscali.
Se vuoi fare contratti inferiori ai 30 giorni, come avrai capito l’unica soluzione è quella del breve periodo, tenendo presente che per i primi quattro immobili potrai optare per la cedolare secca, mentre per i successivi dovrai applicare il regime ordinario.
Per questa tipologia di locazione, generalmente le società specializzate non prendono in locazione l’immobile, ma offrono la loro gestione professionale con commissioni pari al 15-30% del valore degli affitti.
I contratti di locazione, quindi, verranno stipulati da te, proprietario dell’immobile, e il turista o lavoratore, anche se è possibile che vengano siglati tra la società di gestione e l’inquilino, nel caso le affidassi un mandato di gestione con rappresentanza.
Per la tipologia a medio termine, hai la possibilità di scegliere tra i contratti transitori e quelli studenteschi, che però sono possibili solo a canone concordato, per cui devi capire se l’affitto che vuoi percepire è all’interno dei valori massimi stabiliti.
Per te, la soluzione ottimale sarebbe utilizzare sia il canone concordato che la cedolare secca, così da ottenere imposte al 10%.
Proprio per questo motivo, se intendessi investire ulteriormente acquistando qualche immobile da affittare, è chiaro che diventa conveniente prediligere le zone in cui puoi applicare entrambe le scelte: otterresti enormi benefici fiscali e aumenteresti non di poco la rendita.
Nei contratti di medio periodo, quindi, la prima cosa da controllare sono gli accordi territoriali per capire i valori entro i quali devi attenerti: non sempre gli importi risultano alti come i reali prezzi di mercato, per cui in alcune città è preferibile stipulare contratti a canone libero.
Ti facciamo un esempio.
Mettiamo che 1.000 € sia il limite massimo per il canone concordato, ma tu hai previsto di incassare 1.100 € dall’affitto.
Supponiamo, inoltre, che tu sia un persona fisica e abbia scelto l’opzione della cedolare secca. Adesso, la domanda che ti devi porre è la seguente: meglio 1.000 € a canone concordato con cedolare secca al 10% o 1.100 € a canone libero con cedolare secca al 21%?
Facciamo i conti:
- 1.000 € al 10% = ti restano 900 € netti;
- 1.100 € al 21% = ti restano 869 € netti.
Come vedi, affittare a 1.000 € con canone concordato è più conveniente rispetto ai 1.100 € con canone libero, senza considerare che nel primo caso hai anche una riduzione sull’IMU del 25%.
Considera inoltre che per una locazione a 1.000 € trovi più facilmente dei potenziali inquilini, per cui i tempi di riaffitto saranno sicuramente inferiori.
Se l’affitto che speri di ottenere, invece, supera di molto il limite massimo del canone concordato, allora può diventare più conveniente scegliere il canone libero.
Tieni presente che, in alcuni comuni, i valori dei canoni concordati sono talmente bassi che diventerà difficile rientrare nei limiti e pertanto andrai quasi sicuramente verso quest’ultima opzione.
Anche se non utilizzi la cedolare secca, puoi trovarti nella situazione di dover valutare se optare per il canone concordato o quello libero col regime ordinario.
Qui il quadro è già più complesso, perché le imposte differiscono da persona a persona, in quanto si basano sugli scaglioni di reddito Irpef.
Ti proponiamo un esempio con gli stessi prezzi dei canoni di quello precedente, considerando un’aliquota Irpef del 26% (il valore che ti riguarda puoi calcolarlo in base alla tua dichiarazione dei redditi).
Per un’abitazione normale, abbiamo visto che nei contratti a canone libero esiste una riduzione di imposte del 5%, mentre per quelli concordati si aggiunge un ulteriore 30%.
Calcoliamo intanto la base su cui saranno applicate le imposte del 26% che abbiamo ipotizzato.
Canone concordato: [1.000 € – 5% (detrazione base)] – 30% detrazione aggiuntiva = 665 €
Canone libero: [1.100 € – 5% (detrazione base)] = 1.045 €
Su questa base calcoliamo le imposte.
Canone concordato: 665 € – 26% = 172,90 €
Canone libero: 1.045€ – 26% = 271,70 €
Calcolate le imposte, vediamo cosa ti resta nei due casi, sottraendole dall’importo lordo.
Canone concordato: 1.000 € – 172,90 € (imposte) = 827,10 €
Canone libero: 1.100 € – 271,90 € (imposte) = 828,10 €
Come puoi vedere, in questo caso quello che ti arriva netto in tasca è più o meno uguale, ma devi considerare che il canone concordato ti porta un ulteriore vantaggio con il risparmio del 25% sull’IMU e il 30% di riduzione delle imposte di registro, che lo fa diventare più conveniente.
Ovviamente, nel tuo caso specifico, con il regime ordinario devi rifare il calcolo sulla base del tuo scaglione di reddito e quindi della relativa percentuale di imposizione fiscale: in generale, più la tua aliquota Irpef si alza, più è conveniente il regime a canone concordato, perché lo sconto del 30% sulla base imponibile incide positivamente.
Ti consigliamo comunque di confrontarti sempre col tuo commercialista o con un professionista del settore.
Confrontando i due esempi, sembra sia sempre più conveniente la cedolare secca, sia per il canone concordato che per il regime ordinario, ma devi ricordarti che con questo regime non puoi avere l’adeguamento Istat annuale.
Prendendo un contratto da 4+4 anni, con un aumento anche minimo del 2% – tipico adeguamento prima dell’impennata inflazionistica – dopo otto anni avrai un canone che si è rivalutato del 17,2% (non del 16%, perché c’è l’effetto dell’interesse composto che non sto qui a spiegare): questo significa portare un affitto da 1.000 a 1.172 €, compensando quindi a volte il divario tra cedolare secca e regime ordinario.
Resta quindi opportuno che tu compia alcune simulazioni per capire esattamente quanto, alla fine, arrivi concretamente “nelle tue tasche”.
Ultima considerazione: i profitti da cedolare secca non si sommano al reddito della persona fisica.
Quando conviene il regime ordinario?
Il regime ordinario, quindi, può diventare utile in particolari condizioni:
- se hai la necessità di aumentare la tua dichiarazione dei redditi, magari per dimostrare alla banca una situazione migliore nel caso tu voglia ottenere un finanziamento;
- se hai crediti di imposta (ad esempio per i bonus ristrutturazione) e con il tuo reddito non hai sufficienti imposte da compensare.
Con la nostra società applichiamo un mix tra contratti in regime ordinario e in cedolare secca, perché mano a mano che acquistiamo nuovi immobili e li ristrutturiamo, incameriamo nuovi bonus fiscali e abbiamo quindi la necessità di mantenere alta la dichiarazione dei redditi, così da agevolarci anche indirettamente per ulteriori finanziamenti.
Questo argomento, però, è molto tecnico e riguarda prevalentemente chi ha deciso di investire in proprietà immobiliari acquistandole e affittandole: sono strategie avanzate, per quanto molto interessanti, e necessitano di una pianificazione da progettare insieme a un professionista.
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